Salta al contenuto

Myanmar 2014: un processo di democratizzazione molto lento ma reale

  1. Introduzione: attesa e stagnazione

Dal 2010, anno delle elezioni generali che hanno decretato la svolta riformatrice e il progressivo allontanamento dei militari dal potere assoluto, che detenevano da quasi cinquant’anni, i cambiamenti avvenuti sono stati tali da ridisegnare l’intero assetto politico, sociale, economico del Myanmar. Senza dubbio si è trattato di una svolta che ha avuto ripercussioni positive anche sull’intera regione.

È però vero che le trasformazioni hanno inevitabilmente inciso su delicati equilibri politici, demografici, economici, sociali e religiosi. Ai conflitti etnici, solo in parte acquietati grazie ad una serie di fragili accordi di cessate il fuoco, si sono sovrapposti conflitti dettati da motivi religiosi, che hanno reso più tese le relazioni con gli stati confinanti, in particolare con il Bangladesh.

Nonostante che la situazione economica sia progressivamente migliorata, i conflitti sociali sono continuati tanto da arrivare a veri e propri scontri in seguito ad una serie di sentenze ai danni di giornalisti, uno dei quali è stato perfino ucciso dai militari.

In sede internazionale, il governo di Thein Sein è stato oggetto di critiche per il rallentamento delle riforme, ma queste sono state in gran parte sopite dall’approvazione del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che, durante la sua visita di novembre, ha sottolineato lo sforzo del governo birmano nel proseguire sulla strada della democratizzazione. Un duro colpo per l’opposizione birmana, in particolare per la National League for Democracy (NLD), la quale sperava di incassare l’incondizionato appoggio delle democrazie occidentali per emendare la costituzione e poter candidare Aung San Suu Kyi alla presidenza.

  1. La visita di Obama e la fine del sogno di Aung San Suu Kyi

È proprio dalla visita di Obama in Myanmar che occorre partire per delineare gli eventi accaduti in Myanmar durante l’anno qui analizzato. Tra il 12 e il 15 novembre 2014, il presidente statunitense ha calpestato il suolo birmano per la seconda volta durante il suo mandato, incontrando il suo omologo birmano Thein Sein e la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi.

A differenza del precedente viaggio avvenuto nel 2012, durante il quale era apparsa chiara l’intesa tra la Casa Bianca e Aung San Suu Kyi, quello del 2014 è stato segnato da scambi di battute acide tra diversi esponenti dell’amministrazione Obama e la stessa Suu Kyi.

Il vice Consigliere per la Sicurezza Nazionale USA, Ben Rhodes, il 31 ottobre aveva affermato che «parte degli sforzi di riforma sono in stallo, alcuni sono avanzati e taluni abbiamo visto che sono arretrati. Penso quindi che siamo di fronte ad una visione mista».[1]

La risposta di Suu Kyi è stata lapidaria e chiaramente irritata, chiedendo di poter «sfidare quelli che parlano così positivamente del processo di riforma»[2] e invitando a elencare «quali riforme siano state fatti negli ultimi mesi».[3] La leader dell’NLD ha anche aggiunto che gli Stati Uniti sarebbero «troppo ottimisti sul programma di riforme iniziato dall’attuale governo».[4]

Altrettanto raggelante per la leader dell’opposizione è stato il discorso di Obama al termine della sua visita in Myanmar. Proprio accanto ad Aung San Suu Kyi, il presidente degli USA, pur evidenziando che «il processo di riforma non è né completo né irreversibile [e] per tanti versi non procede con sufficiente velocità», ha indirettamente elogiato il governo di Thein Sein. Obama ha continuato il suo discorso, affermando: «l’economia ha iniziato a crescere, i prigionieri politici sono stati liberati, circolano più giornali e i bambini non vengono più obbligati al servizio militare. Questi sono importanti cambiamenti che hanno aperto grandi opportunità al popolo birmano».[5]

Pur condannando l’ingiusto articolo costituzionale che impedisce a chiunque abbia parenti con passaporto straniero di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2015, l’affondo della Casa Bianca al governo di Nay Pyi Taw[6] non è andato oltre, isolando, di fatto, l’opposizione democratica birmana.

La pesantezza delle affermazioni di Obama, non riportate con la dovuta attenzione dalla stampa mondiale, hanno avuto immediate conseguenze sul piano politico quando, appena cinque giorni dopo la sua partenza dal Myanmar, Aung San Suu Kyi ha gettato la spugna, affermando che l’NLD non sarebbe riuscito a cambiare l’articolo 59f della costituzione che impedisce alla premio Nobel per la pace di candidarsi per le elezioni presidenziali.[7]

Una disgrazia non solo per la Lady, la quale aveva speso gli ultimi due anni di attività politica proprio con l’intento di garantirsi appoggi internazionali che spingessero Thein Sein e Shwe Mann a cambiare la costituzione, ma per l’intero processo di democratizzazione del Myanmar.

Non potendo partecipare alle prossime consultazioni, Aung San Suu Kyi dovrà aspettare un altro lustro, sperando nella capacità sua e del partito di convincere il parlamento e il futuro governo a emendare il testo costituzionale. Allora, però, Suu Kyi avrà già 75 anni; un’età avanzata, anche se, di per sé, non ne pregiudicherebbe la candidatura. Il pericolo maggiore per la leader dell’NLD potrebbe arrivare, in realtà, soprattutto dal suo stesso partito, divenuto oramai l’ombra di sé medesimo. Infatti, i suoi membri più carismatici e integerrimi sono morti (il 21 aprile 2014 è scomparso anche Win Tin) o troppo anziani per avere la forza di controllare un movimento sempre più indebolito dalla corruzione e governato da una nuova leva di politici rampanti e ambiziosi, poco propensi al ruolo marginale cui li ha costretti la propria leader.

  1. La corsa alla candidatura presidenziale

Con l’esclusione della concorrente più agguerrita, la corsa alla candidatura per divenire presidente del Myanmar si è ristretta a poche figure. Sebbene nessuno dei possibili aspiranti si sia ufficialmente esposto, nel corso del 2014 si sono delineati alcuni schieramenti, tutti in seno alle componenti di maggioranza che formano l’attuale governo o che lo appoggiano.

Il candidato più forte sarebbe il sessantasettenne Shwe Mann, attuale presidente dell’Union Solidarity and Development Party (USDP), nonché portavoce della Pyithu Hluttaw, la Camera Bassa birmana. Generale in pensione, è stato considerato uno dei pupilli di Than Shwe durante il periodo in cui nel paese regnava la giunta militare. La sua abilità bellica nel fronteggiare la guerriglia karen gli è valsa il titolo onorifico di «Thura», coraggioso. Dopo le elezioni del 2010, Shwe Mann ha mostrato ineccepibili doti di organizzatore, riuscendo a sorprendere anche i suoi detrattori con la riforma del parlamento che è stato trasformato in un’efficiente macchina al servizio del governo. Tra l’altro, è stato Shwe Mann che, il 18 novembre 2014, ha escluso ogni possibile modifica della costituzione prima delle elezioni del 2015.[8] Le sue capacità organizzative e la lealtà (anche se spesso opportunistica) mostrata verso l’attuale esecutivo farebbero di lui il candidato preferito dai governi occidentali nel caso in cui l’opposizione non arrivi a scegliere un proprio rappresentante. Una parte dell’NLD, ormai fiaccato dalle lotte interne, avrebbe mostrato interesse per la candidatura di Shwe Mann in alternativa ad Aung San Suu Kyi, anche se le dichiarazioni in questo senso riportate dalla stampa sono state successivamente smentite dal direttivo del partito.[9] La famiglia Mann, inoltre, ha continuato a detenere il monopolio di importanti settori dell’economia birmana: Toe Naing Mann e Aung Thet Mann, figli di Shwe, presiedono la Redlink Communications Ltd., la Ayer Shwe Wah e la Htoo Trading Company[10],, quest’ultima sussidiaria della Htoo Group of Companies, il primo conglomerato privato birmano.[11]

Il secondo possibile candidato alla presidenza del Myanmar nel prossimo quinquennio potrebbe essere il comandante del tatmadaw (l’esercito birmano), il generale Min Aung Hlaing.[12] Il suo attuale ruolo è comprensibilmente guardato con sospetto dalle democrazie occidentali, ma, forse anche in previsione di una sua candidatura alla presidenza, nell’ultimo anno Min Aung Hlaing ha mostrato aperture verso le riforme. In particolare, nel discorso da lui pronunciato in occasione della giornata delle forze armate, ha specificato che il ruolo dei militari verrà gradualmente ridotto mano a mano che nella nazione maturerà la democrazia.[13]

Da sempre considerato moderato, Min Aung Hlaing ha da tempo intrapreso una riforma all’interno delle leve militari, imponendo anche cambiamenti strategici e logistici ai battaglioni impegnati nelle zone di conflitto. È a lui che si deve la diminuzione delle angherie perpetrate dal tatmadawnelle aree abitate dalle minoranze etniche, compresi i reclutamenti forzati di minorenni. Ed è sempre all’esercito che i leader rohingya si sono appellati per la difesa delle loro comunità dagli assalti organizzati dai rakhine in combutta con le autorità di polizia locali.

  1. Il problema dei rohingya e il conflitto religioso

L’esercito, così come era stato concepito dopo l’indipendenza della Birmania nel 1948, è sempre stato una delle poche organizzazioni multietniche presenti nel paese e, quindi, elemento unificatore di una nazione divisa, ufficialmente, in 135 gruppi minoritari. Questa caratteristica è divenuta particolarmente importante dopo il 2010 quando, con l’inizio della democratizzazione, le tensioni sociali e religiose, sino ad allora represse con la forza, hanno potuto erompere in tutta la loro violenza. I governatori, che erano anche capi militari e come tali avevano come priorità la difesa della stabilità regionale,  potevano usare – e non avevano esitato a farlo – il pugno di ferro per reprimere ogni forma di conflitto. Ma, dopo il 2010, i governatori erano diventati funzionari esclusivamente civili che, in varie occasioni, si erano trasformati in veri e propri difensori di una delle fazioni coinvolte nelle lotte.

È quello che è accaduto anche nello stato del Rakhine, dove la maggioranza buddista, prima ostile al governo centrale, ha trovato proprio nel governo di Nay Pyi Taw un formidabile alleato per far valere i propri diritti sulla minoranza musulmana rohingya, ora unico nemico da fronteggiare.

I conflitti tra le due comunità si sono acuiti nel 2014, sfociando anche in scontri a fuoco lungo la frontiera con il Bangladesh, un chiaro segno che Dacca si sta preoccupando sempre più della situazione nell’attigua regione.[14]

L’internazionalizzazione del problema dei rohingya, termine utilizzato anche dal presidente Obama nella conferenza stampa tenuta accanto ad Aung San Suu Kyi, ha portato il Bangladesh a definire ufficialmente per la prima volta gli appartenenti a questa comunità come cittadini del Myanmar, quantificando la loro presenza tra le 300 e le 500.000 unità.[15] Il grande timore del governo bengalese e del suo maggiore partito, l’Awami League, è che i rohingya possano diventare sostenitori dei due movimenti dell’opposizione, il National Party e il Jamaat-e-Islami, che hanno nelle provincie di Chittagong e di Cox’s Bazar i loro principali serbatoi elettorali. Dalla fine del 2013, Sheikh Hasina, primo ministro del Bangladesh, ha ristretto l’accesso alle zone di confine alle organizzazioni non governative (ONG) e alle agenzie umanitarie internazionali, mentre nel luglio 2014 ha bandito i matrimoni tra bengalesi e rohingya.[16]

Le politiche adottate da Bangladesh e Myanmar nei confronti di questa comunità sono drammaticamente simili: così come ha fatto il governo Hasina anche quello di Thein Sein ha ordinato, nel febbraio 2014, la sospensione delle attività di diverse ONG, tra cui Médicins san Frontières (nel luglio 2014 MSF è stato invitato a rientrare nello stato Rakhine).[17] L’avversione da parte dei rakhine verso le organizzazioni internazionali, viste nell’ottica dello scontro frontale come alleate dei rohingya, si è riversata negli scontri avvenuti tra il 26 e il 27 marzo a Sittwe, dove 33 uffici di ONG e agenzie delle Nazioni Unite sono state assaltate e distrutte, costringendo 300 cooperanti ad abbandonare temporaneamente la città. Motivo del contendere è stata la rimozione (rivelatasi del tutto innocente e priva di intenzioni provocatorie) di una bandiera buddista da un ufficio di rappresentanza internazionale da parte di una cooperante.[18]

Il 27 maggio 2014 il parlamento ha approvato il Religious Conversion Bill, che, assieme all’Interfaith Marriage Bill, il Monogamy Bill e il Population Control Bill, faceva parte dei documenti contenuti nel pacchetto della National Race and Religion Protection, tutti rivolti a contrastare la comunità islamica presente in Myanmar.[19] Fortemente voluto dai movimenti buddisti sorti nel paese per contrastare la supposta espansione delle comunità musulmane, il National Race and Religion Protection obbliga, tra le altre cose, ad una lunga e costosa registrazione presso una serie di uffici statali chiunque voglia convertirsi all’islàm e, per le donne non musulmane che intendono sposare un musulmano, l’approvazione delle autorità locali.[20] Il pacchetto si aggiunge ad una serie di iniziative che limitano la libertà di movimento dei rohingya e il numero dei figli per le coppie musulmane (che ne possono al massimo avere due).[21]

Il timore dei buddisti dello stato Rakhine (il 60% dei 3,2 milioni di abitanti) è che ben presto l’immigrazione dal Bangladesh, sommata all’aumento naturale della componente rohingya, possa ribaltare l’equilibrio demografico a favore di quest’ultimi. In realtà, questo processo si è già verificato nel Nord dello stato, dove i kaman, un altro gruppo musulmano, riconosciuto dal governo birmano, superano le restanti etnie.

A questo si aggiunga che, secondo l’UNICEF il tasso di povertà del Rakhine è del 44%, ciò che ne fa lo stato più povero del Myanmar dopo il Chin[22].

Sballottati da un confine all’altro, molti rohingya cercano di rifugiarsi in altri paesi, spesso con la pressione degli stessi governi di Nay Pyi Taw e di Dacca, creando ulteriori problemi umanitari e diplomatici.[23] L’ASEAN, pur consapevole della situazione drammatica in cui vivono queste popolazioni, è stata incapace di dare una risposta globale ed esauriente, perché ogni qualvolta la questione si pone in sede ufficiale, prevale tra gli stati il principio di non interferenza negli affari interni.

  1. Il censimento

All’interno della questione etnico-religiosa si è inserito, nel corso del 2014, il programma di censimento avviato dal governo birmano; strumento indispensabile per il regolare svolgimento delle riforme, delle politiche economiche e delle elezioni presidenziali del 2015.

Era dal 1983 che una rilevazione statistica di tale portata non veniva effettuata, ma a causa delle numerose aree inaccessibili per via dei conflitti in atto in quel periodo, bisogna risalire al 1931 per poter avere dati completi inerenti all’intera nazione.

Sebbene numerosi governi, per la maggioranza occidentali, abbiano compreso l’importanza di tale impresa per il futuro del Myanmar, poco è stato fatto affinché potesse essere portata a termine con successo. L’operazione è costata 73,5 milioni di dollari di cui 58,5 finanziati con l’aiuto dell’United Nations Population Fund (UNFPA) e di otto nazioni, tra cui l’Italia.[24]

Il governo aveva chiesto di rendere opzionali domande riguardanti i dati più sensibili, quali l’appartenenza etnica, linguistica e religiosa, ma la proposta è stata bocciata dal gruppo di quattordici esperti statistici e tecnici internazionali che formavano l’International Technical Advisory Board perché, a loro avviso, avrebbe creato pericolo di rivolte tra i gruppi maggioritari.

Dalla parte opposta, rappresentanti di 31 nazioni etniche birmane avevano chiesto di rivedere la divisione etnica in 135 gruppi proposta nelle schede, risalente all’epoca coloniale, mentre altri gruppi contestavano l’inclusione in etnie a cui non sentivano di appartenere.[25]

Diverse, invece, erano le obiezioni avanzate dalla Kachin Independence Organization (KIO), l’unico gruppo che non ha ancora siglato un cessate il fuoco con Nay Pyi Taw (dal maggio 2013 vige nello stato Kachin una fragile tregua spesso interrotta da sporadici, ma intensi, combattimenti). L’organizzazione separatista contestava la suddivisione dell’etnia in 12 sottogruppi che, secondo i loro leader, era stata redatta ad hoc per smembrare l’unità della nazione kachin.[26]

Infine, come era da aspettarsi, particolarmente problematica è stata la conduzione del censimento nel Rakhine. L’iniziale proposta dell’UNFPA di includere la possibilità di dichiarare la propria appartenenza all’etnia rohingya è stata fonte di scontri e di proteste da parte dei buddisti. La minaccia di boicottaggio del rilevamento da parte dei rakhine ha indotto il governo a escludere l’opzione etnica, chiedendo agli operatori di interrompere immediatamente la compilazione della scheda se, dopo la prima domanda, l’interpellato si dichiarava di etnia rohingya.[27]

La macchina del censimento ha comunque portato a termine il compito tra il 29 marzo e il 10 aprile 2014, stabilendo, in forma ufficiosa (i dati definitivi verranno resi noti solo nel maggio 2015), la popolazione birmana in 51.429.420 persone, di cui 50.213.067 conteggiate e 1.206.353 stimate nelle tre aree degli stati Rakhine, Kachin e Kayin dove non è stato possibile avere stime precise.[28]

  1. Le riforme allo stallo?

Se il censimento ha chiarito qual è lo stato attuale della popolazione e della società birmana, manifestando la volontà di procedere con il modello di sviluppo fin qui seguito, nell’ultima parte del 2014 le riforme sembrano aver subìto, se non proprio uno stallo, un rallentamento.

L’attesa delle elezioni, con i dibattiti focalizzati prevalentemente sugli emendamenti costituzionali, ha certamente contribuito a raffreddare gli entusiasmi del nuovo corso politico ed economico, ma sono in molti a riproporre lo spettro della dittatura militare nel paese, anche se, nella realtà, pochi ci credono.[29]

Il tatmadaw non ha più il potere che aveva fino al 2010: nel potente Consiglio di Difesa e Sicurezza Nazionale, il comitato che nomina i comandanti militari regionali e che si riunisce settimanalmente per decidere le eventuali amnistie e gli stati di emergenza, i rappresentanti delle forze armate sono la minoranza: 5 membri su 11. Anche il monopolio economico è oramai solo un lontano ricordo: ai due conglomerati appartenenti al tatmadaw, l’Union of Myanmar Economic Holding Limited (UMEHL) e il Myanmar Economic Corporation (MEC), nel 2011 è stato revocato lo status di esenzione erariale per ogni esportazione effettuata e, dal 2010, è in atto un processo di restituzione delle terre che sono state confiscate a partire dal 1988. Sebbene molto a rilento e con riluttanza, il ministero della Difesa ha restituito ai precedenti legittimi proprietari 18.000 acri sui 300.000 illegittimamente estorti.[30] Solo il 6%, ma è molto più di quanto abbiano fatto tutti gli altri ministeri. Su 2.689 richieste di annullamento di confisca inviate al ministero della Difesa dal 2010, 583 sono andate a buon fine, mentre nello stesso periodo gli altri organi statali hanno chiuso solo 299 pratiche su 6.599 contestazioni pervenute.[31]

Importante è anche il fatto che persino le spese destinate alla difesa sono oggi rese note, attraverso la loro incorporazione nel bilancio ufficiale. Questo rappresenta una soluzione di continuità rispetto agli anni in cui era al potere la Giunta militare, quando tali spese erano mantenute occulte, ma si stimava che ammontassero al 40% del bilancio nazionale. Nell’anno fiscale 2014-15 la spesa destinata alle forze armate è stata del 14%, con una riduzione, rispetto al 2011, del 5%.[32]

Anche così è legittimo ritenere che il volume di spesa per le forze armate sia ancora troppo elevato, specialmente se rapportato agli stanziamenti riservati alla salute (3,38 %) e alla pubblica istruzione (5,92%).

E proprio la scuola è stata al centro di imponenti manifestazioni da parte degli studenti nelle principali città del Myanmar, scesi in piazza per protestare contro la nuova Legge sull’istruzione nazionale. Il provvedimento, accentrando i programmi di insegnamento, impedirebbe al sistema educativo flessibilità e, soprattutto, proibisce ogni possibilità di scelta linguistica nelle aree etniche, essendo il birmano l’unica lingua franca accettata.[33]

Altrettanto problematica è la situazione della libertà di stampa. Nonostante che il Myanmar nel 2014 sia risalito di sei posti (dal 151° al 145°) nella classifica del World Press Freedom Index, rispetto al 2013[34], superando altri paesi dell’ASEAN, come Malaysia (147°), Singapore (150°), Laos (171°) e Vietnam (174°), nella seconda metà dell’anno si sono registrati episodi di violenza nei confronti di giornalisti. In luglio, cinque reporter dello «Unity Weekly» sono stati condannati a dieci anni di lavori forzati con l’accusa di aver violato segreti di stato, svelando l’esistenza di una fabbrica di armi chimiche nella regione di Magway;[35] il 16 ottobre, inoltre, cinque redattori del settimanale «Bi Mon Te Nay» sono stati condannati per aver riportato la notizia, rivelatasi poi falsa, che Aung San Suu Kyi sarebbe stata nominata a capo di un governo ad interim.[36]

Benjamin Ismail, responsabile dell’ufficio Asia-Pacifico di «Reporters Without Border», ha convenuto che, pur essendo «stati fatti progressi [nella libertà di stampa], la sentenza [che condanna cinque giornalisti per aver svelato l’esistenza di una fabbrica chimica] ci riporta indietro a tempi bui, quando i giornalisti ed i blogger che facevano il loro lavoro erano imprigionati in base a motivazioni che facevano riferimento alla sicurezza nazionale o con l’accusa di tentare di abbattere il governo».[37]

Infine il giornalista Aung Kyaw Naing «Par Gyi», arrestato alla fine del settembre 2014, mentre seguiva nello stato Mon il conflitto tra il tatmadaw e il Democratic Buddhist Karen Army, è stato ucciso agli inizi di ottobre dopo essere stato torturato.[38] La notizia è stata resa nota solo il 25 ottobre, pochi giorni dopo che Thein Sein era tornato da un viaggio in Italia, durante il quale si era lamentato che l’Europa non riconosceva gli sforzi compiuti dal Myanmar nel campo del rispetto dei diritti umani.[39]

  1. Eppur si muove…

Il clima di incertezza che si è respirato in Myanmar si rifletteva anche nell’economia, in particolare in quella parte di popolazione che, per fronteggiare il forte aumento dei prezzi dei beni primari, deve affidarsi a quelle istituzioni statali che sono delegate a garantire la distribuzione di beni di consumo a prezzi calmierati. .

L’indice di povertà del paese ha raggiunto il 25,6% secondo le stime del 2010 Integrated Household Living Condition Survey (IHLCS) dell’United Nations Development Program (UNDP), ma supererebbe il 37% in base ai calcoli della Banca Mondiale, che ha alzato la soglia di povertà da 376.151 kyat (pari a circa 288 euro) per adulto per anno a 440.345.[40]

La sfiducia verso il sistema bancario diviene addirittura imbarazzante quando l’International Fund for Agricultural Development (IFAD) rilascia dei rapporti in cui si afferma che ognuno dei 5 milioni di birmani all’estero (il 10% della popolazione) invia solo 566 dollari all’anno in patria, tramite i canali ufficiali, quando la media delle rimesse dei migranti asiatici dall’estero è di 4.000 dollari all’anno.[41] La spiegazione è che i birmani preferiscono affidare i loro risparmi a mediatori privati, meno costosi e più efficienti delle loro banche. Questa diffidenza verso lo stato risulta evidente neIn questo modo i dati dell’economia sommersa, che rappresenta il 50,7% del PIL del paese, seconda solo alla Thailandia (51,9%), entrambe le più elevate del continente asiatico.[42]

Se le famiglie birmane devono cercare altre vie per sopravvivere o arrotondare i magri stipendi, molto più rosea appare la situazione della macroeconomia e delle multinazionali, le quali fanno a gara per ottenere i permessi per investire nel settore delle risorse naturali del paese. Secondo il Myanmar’s Directorate of Investment and Company Administration (DICA), nella nazione hanno investito 772 compagnie straniere in 12 diverse filiere economiche, per un totale di quasi 50 miliardi di dollari.[43] Una cifra notevole, se si pensa che il Myanmar è stato soggetto ad embargo fino al 2011, cifra che può, almeno in parte, spiegare l’entusiasmo con cui oggi i governi europei e americani sostengono il gabinetto di Thein Sein.

I principali settori su cui le compagnie straniere investono sono quelli energetico e petrolifero (compreso il gas naturale), i quali assorbono rispettivamente il 33,79% e il 36,36% degli investimenti stranieri.[44] Il 26 marzo 2014, il ministero dell’Energia ha concesso a 12 società, tra cui la Chevron, la Total, l’ENI, la Statoil e la Shell, il mandato per iniziare le esplorazioni nelle acque del golfo di Martaban.[45] L’accordo prevede investimenti per 3 miliardi di dollari, di cui 226,1 milioni andranno alla Myanmar Oil and Gas Enterprise (MOGE), la compagnia statale. Alla fine del 2014 i progetti in corso per l’estrazione di petrolio e di gas naturale sono saliti a 115, per un totale pari a 14 miliardi di dollari di investiti provenienti dall’estero.[46]

La Cina continua ad essere il paese maggiormente presente nel Myanmar, in particolare nel settore energetico. Nell’agosto 2014 è stato completato l’oleodotto tra Kyaukpyu e Kunming che, accanto al già esistente gasdotto, porterà all’assetata economia di Pechino altri 2 milioni di tonnellate di petrolio grezzo.[47]

Tali progetti, però, hanno un impatto deleterio sull’ambiente e, spesso, sulla stessa popolazione birmana. A questo proposito, infatti, sono continuate le proteste di intere comunità in varie regioni del paese, costrette a subire le angherie delle autorità locali (principalmente la polizia) e, in alcuni casi, delle stesse manovalanze delle multinazionali. Oltre ai già noti malcontenti per l’ampliamento delle miniere di Monywa,[48] nel corso dell’anno si sono aggiunti quelli di 3.000 contadini che si sono opposti alle operazioni di scavo nella regione di Namkham, al confine con la Cina e con lo stato Shan, dove sei società stanno estraendo silicio, causando un aumento di malattie dovute alla silicosi.[49]

Nel febbraio 2014, l’approvazione della costruzione di sei nuove dighe lungo il corso del fiume Salween negli stati Shan, Karenni e Karen, ha avviato una nuova ondata di proteste interetniche.[50] I progetti, che coinvolgono cinque società cinesi, tre birmane e la Thailand’s Electricity Generation Authority, dovrebbero avere, una volta terminati, una capacità energetica produttiva di 15.000 MW. Essendo situati in zone dove ancora permangono tensioni tra gli eserciti etnici e il tatmadaw, l’intera area interessata è stata militarizzata e l’ingresso nelle regioni è proibito e rigidamente controllato. La conseguenza è stata l’isolamento delle popolazioni che ha reso difficile, oltre che pericolosa, l’organizzazione di campagne di informazione e di dissenso.

Accanto a imposizioni che lasciano poca scelta ai cittadini ci sono anche progetti miliardari temporaneamente abbandonati o addirittura cancellati, in seguito all’opposizione delle comunità locali. Il caso emblematico (e primo nella storia del Myanmar) della diga di Myitsone[51] non è rimasto isolato. Nel luglio 2014 è stata cassata (non è chiaro se in modo definitivo o meno) la costruzione della linea ferroviaria tra Kyaukpyu e Kunming, che seguiva lo stesso percorso del gasdotto e dell’oleodotto già esistenti.[52] L’annullamento del progetto è stato particolarmente significativo perché il governo birmano aveva riposto nella ferrovia le speranze di sviluppo della Zona ad Economia Speciale di Kyaukpyu, nel problematico stato del Rakhine.[53]

Inoltre la Cina, che nel progetto aveva preventivato un investimento di 20 miliardi di dollari, potrebbe cominciare a valutare se diminuire la sua presenza nel Myanmar, la cui affidabilità come partner commerciale sta venendo meno.[54]

La strada intrapresa nel 2010 sta comunque procedendo, anche se, come ci si poteva aspettare, comincia a trovare alcuni ostacoli che potrebbero far pensare ad un possibile riflusso. Anche se non si può escludere questa possibilità, occorrerà attendere le prossime elezioni presidenziali per delineare quale sarà il futuro del paese e le alleanze che si formeranno all’interno del parlamento.

Since 2010, the entire social, economic and political structure of Myanmar has been changing. US President Obama’s visit to Myanmar (November 2014) was marked by verbal confrontation between members of the Obama administration, who spoke quite positively about the reform process in the country, and Aung San Suu Kyi, who did not see any progress in reforms. Obama, while condemning the constitutional article which prevented Suu Kyi from being presidential candidate at the next general elections, stated that Burmese President Thein Sein had introduced major democratic changes.

The ethnic conflicts, partly defused by a series of agreements, have been replaced by religious conflicts. Particularly dangerous appears to be the conflict between the Muslim Rohingya and Buddhist Rakhine communities, at the border with Bangladesh. In 2014, fearing that the two main Bangladeshi opposition parties, the National Party and the Jamaat-e-Islami, could use the Rohingya issue to increase popular discontent, the Bangladesh government, led by the Awami League, for the first time officially stated that the Rohingya are not Bangladeshi, but Myanmar citizens.

 In 2014, the Myanmar government enacted the anti-Muslim National Race and Religion Protection laws. These laws aim to prevent easy conversion from Buddhism to Islam and intermarriage; moreover, they limit the maximum number of children for Muslim couples to two.

 The census, the first since 1983, reflected all the ethnic-religious problems affecting the country. Many among Myanmar’s ethnic nations asked to reform the ethnic classification, claiming that the existing one, although officially recognizing 135 groups, excludes a number of ethnic nationalities.

On its part, the Kachin Independence Organization (KIO), the only ethnic group which has hitherto signed a ceasefire with the Myanmar government, disputed the division of the Kachin people into 12 sub-ethnic groups. In fact, the KIO claimed that this division aimed at dividing the Kachin people.

In 2014, the power of the military appeared much weaker than in 2010. In fact, military conglomerates such as the Union of Myanmar Economic Holding Limited (UMEHL) and the Myanmar Economic Corporation (MEC) no longer monopolized the economy’. Moreover, during the year under review, the Defence Ministry appeared on the verge of returning the lands illegally confiscated by the military junta. Also, between 2011 and the fiscal year 2014-15, the share of military expenses in the budget declined from 19 to 14%. This, however, still is too big a share, when compared to the 3.38% given to health and the 5.92% to education.

Student rallies were held in the main cities to protest against the new National Education Act, which centralizes the educational system. Press freedom was still at risk, with several journalists being jailed for revealing the existence of a chemical weapons factory. One journalist was tortured and killed by the army, being found guilty of reporting the civil war in Mon state.

In 2014, propelled by foreign investments, particularly in the energy and oil fields, the macroeconomic index showed significant increases. However, the Country Poverty Index was at its worst since 2010. Not surprisingly, during the year under review, the country was criss-crossed by social protests.

 

[1] Obama in Myanmar: Rohingya crisis could dim ASEAN summit, ‘CNN’, 12 novembre 2014 (http://edition.cnn.com/2014/11/13/politics/myanmar-obama-asean-visit/index.html).

[2] Obama Faces Rift With Suu Kyi in Myanmar, ‘The Wall Street Journal’, 11 novembre 2014.

[3] Suu Kyi Urges U.S. to Keep Pressing for Change in Myanmar, ‘The Wall Street Journal’, 5 novembre 2014.

[4] US ‘Too Optimistic’ About Burma Reform: Suu Kyi, ‘The Irrawaddy’, 5 novembre 2014.

[5] Obama, Suu Kyi Pledge Solidarity Amid ‘Bumpy Patch’ in Reforms, ‘The Irrawaddy’, 14 novembre 2014.

[6] Nay Pyi Taw, una città di nuova creazione, situata a circa 320 chilometri a nord di Yangon, ha sostituito dal 2006 quest’ultima come capitale del Myanmar.

[7] NLD admit cannot fight to change constitution, ‘Mizzima’, 19 novembre 2014.

[8] No constitution change before 2015 elections: Thura U Shwe Mann, ‘Myanmar Times’, 19 novembre 2014.

[9] Report Myanmar’s NLD May Support Ruling Party Chief For President ‘Incorrect’, ‘Radio Free Asia’, 24 settembre 2014 (http://www.rfa.org/english/news/myanmar/report-09242014180945.html).

[10] Market Open for More ISP Players:Minister, in ‘Myanmar Business Today’, 19 novembre 2014 (http://www.mmbiztoday.com/articles/market-open-more-isp-players-minister).

[11] Tracking the Tycoons, ‘The Irrawaddy’, settembre 2008, vol. 16, n. 9.

[12] The man to watch, ‘Foreign Policy’, 15 gennaio 2014 (http://foreignpolicy.com/2014/01/15/the-man-to-watch).

[13] Commander-in-Chief says Armed Forces responsible for ‘safeguarding constitution’ as 69thArmed Forces Day is marked with parade, ‘The New Light of Myanmar’, 28 marzo 2014, p. 3 (http://www.burmalibrary.org/docs17/NLM2014-03-28.pdf).

[14] Bangladesh, Myanmar at odds over deadly border clash, ‘Reuters’, 1° giugno 2014 (http://www.reuters.com/article/2014/06/01/us-bangladesh-myanmar-clashes-idUSKBN0EC19Q20140601)

[15] Goverment strategy paper on Rohingya, ‘The Daily Star’, 21 giugno 2014 (http://www.thedailystar.net/government-strategy-paper-on-rohingyas-29526)

[16] Marriage ban on Rohingya, «The Daily Star», 15 luglio 2014 (http://www.thedailystar.net/marriage-ban-on-rohingyas-33343).

[17] Myanmar: MSF concerned about the fate of thousands of patients after being ordered to cease activities, ‘Médicins sans Frontières’, 28 febbraio 2014 (http://www.msf.org/article/myanmar-msf-concerned-about-fate-thousands-patients-after-being-ordered-cease-activities); MSF welcome offer to resume operations in Rakhine, Myanmar bur remains cautious, ‘Médicins sans Frontières’, 25 luglio 2014 (http://www.msf.org/article/msf-welcomes-offer-resume-operations-rakhine-myanmar-remains-cautious).

[18] OCHA, Humanitarian Bullettin, Myanmar, Issue 3, 1-31 marzo 2014 (http://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/Bulletin_Humanitarian_OCHA_Mar2014.pdf).

[19] Myanmar: UN experts alarmed at draft bill imposing restrictions on religious conversion, ‘UN News Centre’, 20 giugno 2014 (http://www.un.org/apps/news/ story.asp?NewsID=48094#.VGovVvmG-Zs).

[20] Burmese Govt Published Draft of Religious Conversion Bill, in ‘The Irrawaddy’, 27 maggio 2014 (http://www.irrawaddy.org/burma/burmese-govt-publishes-draft-religious-conversion-bill.html); Myanmar Leader Backs Buddhist Monks’ Calls for Laws to ‘Protect’ Religion, Race’, ‘RFA’, 27 febbraio 2014 (http://www.rfa.org/english/news/myanmar/laws-02272014174350.html).

[21] Burmese Muslims given two-child limit, ‘The Guardian’, 25 maggio 2013 (http://www.theguardian.com/world/2013/may/25/burma-muslims-two-child-limit).

[22] Ministry of National Planning and Economic Development and Unicef, Situation Analysis of Children in Myanmar, July 2012, p. XIV (http://www.unicef. org/eapro/Myanmar_Situation_Analysis.pdf). Secondo uno studio della Banca Mondiale, la quale ha utilizzato nuovi metodi di analisi, il tasso di povertà dei rakhine salirebbe al 77,9%, superando anche lo stato Chin. Data tweaks change face of poverty, ‘Myanmar Times’, 19 maggio 2014 (http://www.mmtimes. com/index.php/home-page/143-editor-s-pick/10427-data-tweaks-change-face-of-poverty-2.html).

[23] Si veda, in proposito, Nicola Mocci, ‘Cambodia 2014: the continuation of the Hun Sen-Sam Rainsy political duel and the surge in social conflict’, in questo stesso volume.

[24] Funding, ‘UNFPA’, 12 luglio 2013 (http://countryoffice.unfpa.org/myanmar/ 2013/07/12/7329/funding).

[25] Ethnicity without Meaning, Data without Context. The 2014 Census, Identity and Citizenship in Burma/Myanmar, ‘Transnational Institute’, febbraio 2014, p. 7 (http://www.tni.org/sites/www.tni.org/files/download/bpb_13.pdf); Ethnic groups resist census, object to question of ethnicity, ‘DVB’, 18 febbraio 2014 (https://www.dvb.no/news/ethnic-groups-resist-census-object-to-question-of-ethnicity-burma-myanmar/37394).

[26] Ethnicity without Meaning, Data without Context. The 2014 Census, Identity and Citizenship in Burma/Myanmar, ‘Transnational Institute’, febbraio 2014, p. 16 (http://www.tni.org/sites/www.tni.org/files/download/bpb_13.pdf).

[27] STATEMENT: UNFPA Concerned about Decision Not to Allow Census Respondents to Self-Identity as Rohingya, ‘UNFPA Myanmar’, 1° aprile 2014 (http://countryoffice.unfpa.org/myanmar/2014/04/01/9376/statement_unfpa_concerned_about_decision_not_to_allow_census_respondents_to_self_identify_as_rohingya).

[28] UNFPA Press Release: Myanmar releases population count from census, ‘UNFPA’», 30 agosto 2014 (http://countryoffice.unfpa.org/myanmar/2014/08/30/10473 unfpa_press_release_myanmar_releases_population_count_from_census).

[29] Return of the Myanmar Military?, ‘The New York Times’, 17 novembre 2014 (http://www.nytimes.com/2014/11/18/opinion/return-of-the-myanmar-military.html?_r=0). 18.000 acri sono pari a 7.284 ettari e 300.000 acri corrispondono a 121.405 ha.

[30] Ministry agrees to return fraction of land confiscated by military, ‘DVB’, 18 luglio 2013 (https://www.dvb.no/news/ministry-agrees-to-return-meagre-fraction-of-land-confiscated-by-military/29992).

[31] MPs Urge Prompt Return of Confiscated Land, ‘The Irrawaddy’, 26 settembre 2014 (http://www.irrawaddy.org/burma/mps-urge-prompt-return-confiscated-land.html).

[32] Myanmar declares USD2.4 billion defence budget for 2014, ‘IHS Jane’s Defence Weekly’, 15 gennaio 2014 (http://www.janes.com/article/32436/myanmar-declares-usd2-4-billion-defence-budget-for-2014); US$1.2 billion proposed for Burma’s Defence budget, ‘DVB’, 15 gennaio 2014 (http://english.dvb.no/news/us1-2-billion-proposed-defence-budget-burma-myanamar/36079).

[33] Myanmar students protest against education law for third day, ‘Reuters’, 16 novembre 2014 (http://www.reuters.com/article/2014/11/16/us-myanmar-protest-idUSKCN0J00MD20141116).

[34] World Press Freedom Index 2014, ‘Reporters Sans Frontières’, febbraio 2014, p. 31 (http://rsf.org/index2014/data/index2014_en.pdf).

[35] Five journalists get ten-year jail terms for ‘Violating State Segrets’, ‘Reporters Without Borders’, 10 luglio 2014 (http://en.rsf.org/burma-five-journalists-get-ten-year-jail-10-07-2014,46618.html).

[36] Five journalists get two years in prison for mistaken report, ‘Reporters Without Borders’, 16 ottobre 2014 (http://en.rsf.org/burma-four-journalists-now-only-facing-05-08-2014,46762.html).

[37] Five journalists get ten-year jail terms for ‘Violating State Segrets’, ‘Reporters Without Borders’, 10 luglio 2014 (http://en.rsf.org/burma-five-journalists-get-ten-year-jail-10-07-2014,46618.html).

[38] A freelancer died in Burmese army custody, with the military claiming he was shot while trying to grab a soldier’s weapon, ‘Reporters Without Borders’, 31 ottobre 2014 (http://en.rsf.org/birmanie-a-freelancer-died-in-burmese-army-30-10-2014, 47178.html).

[39] President U Thein Sein urges EU to end submission of reports on human rights situation in Myanmar at UN General Assembly, ‘The Republic of the Union of Myanmar – President Office’, 17 ottobre 2014 (http://www.president-office.gov.mm/en/?q=issues/myanmar-europe/id-4307).

[40] Data tweaks change face of poverty, ‘Myanmar Times’, 19 maggio 2014 (http://www.mmtimes.com/index.php/home-page/143-editor-s-pick/10427-data-tweaks-change-face-of-poverty-2.html).

[41] Sending Money Home to Asia, ‘IFAD – The World Bank’, maggio 2013, p. 12 (http://www.ifad.org/remittances/events/2013/globalforum/resources/sendingmoneyasia.pdf).

[42] Shadow Economies All over the World-New Estimates for 162 Countries from 1999 to 2007, ‘The World Bank & Europe and Central Asia Region Human Development Unit’, luglio 2010, p. 20 (http://www-wds.worldbank.org/servlet/WDSContentServer/WDSP/IB/2010/10/14/000158349_20101014160704/Rendered/PDF/WPS5356.pdf).  Per la definizione di «economia sommersa» (shadow economy), ibid., p. 4.

[43] Foreign Investment of Existing Enterprises as of (31/8/2014), ‘Directorate of Investment and Company Administration (DICA)’ (http://dica.x-aas.net/dica).

[44] Ibid.

[45] Offshore block winner announced, ‘Myanmar Times’, 26 marzo 2014 (http://www.mmtimes.com/index.php/business/9977-government-announces-offshore-block-winners.html).

[46] Foreign investment in Myanmar’s oil, gas sector gets over 670 mln USD in Aug, ‘Xinhuanet’, 24 settembre 2014 (http://news.xinhuanet.com/english/business/2014-09/24/c_133669469.htm).

[47] China-Myanmar joint pipeline starts delivering gas, ‘CCTV’, 6 agosto 2014 (http://english.cntv.cn/2014/08/06/VIDE1407301800241634.shtml)

[48] Piergiorgio Pescali, Myanmar: manovre presidenziali tra guerre etniche e riforme, ‘Asia Maior 2013’, p. 222.

[49] Thousands of Farmers Protest Mine Projects in Myanmar’s Shan State, ‘RFA’, 5 settembre 2014 (http://www.rfa.org/english/news/myanmar/protest-09052014154137.html).

[50] Hydropower Projects on the Salween River: An Update, ‘Salween Watch’, 14 marzo 2014
(http://www.salweenwatch.org/images/PDF/Salween.ENG14.03.2014.pdf).

[51] Piergiorgio Pescali, Myanmar: l’anno della svolta, ‘Asia Maior 2011’, p. 207.

[52] Kyaukpyu-Kunming railway’s cancelled due to public disapproval, ‘Eleven Myanmar’, 19 luglio 2014
(http://www.elevenmyanmar.com/index.php?option=com_content&view=article&id=6842:kyaukpyu-kunming-railway-s-cancelled-due-to-public-disapproval&catid=44:national&Itemid=384).

[53] Twelve Companies short-listed of Kyaykpyu SEZ, ‘Charltons Solicitors’, Ottobre 2014 (http://www.charltonsmyanmar.com/twelve-companies-shortlisted-participate-phase-kyaukpyu-sez).

[54] Myanmar-Yunnan railway canceled due the public opposition, ‘Want China Times’, 23 luglio 2014 (http://www.wantchinatimes.com/news-subclass-cnt.aspx?id=20140723000057&cid=1101).

 

Giorgio Borsa

The Founder of Asia Maior

Università di Pavia

The "Cesare Bonacossa" Centre for the Study of Extra-European Peoples

THE RISE OF ASIA 2021 – CALL FOR PAPERS